IL PENSIONANTE

Da bambino mia madre mi chiamava “il pensionante”, e per una volta ero d’accordo con lei.

Vorrei scrivere un racconto alla Cechov con questo titolo,
oppure “Un bambino di strada”, la razza migliore e senza discriminazioni di razza, religione eccetera:
qui sono anche discepolo dei Grimm, la mia seconda Bibbia d’infanzia, la prima essendo stata la cosiddetta.

Devo a questa esperienza (di pensionante, di bambino di strada) il mio apprezzamento di sempre per l’espressione popolare “Un bambino ha sette vite come i gatti”, e anche l’invenzione di un’altra:
“Il bambino sano è quello che sa rivolgersi a tutti gli sportelli”, ivi compreso avere più padri e più madri:
mia madre era seccatissima per questo, mio padre se ne infischiava e gliene sono ancora grato.

Un altro mio ricordo d’infanzia è di avere desiderato che i miei genitori si separassero, ed era un desiderio razionale:
infatti, così avrei avuto due case (non ero poi un bambino tanto stupido).

La strada
– in “La strada” Fellini non ha titolato giusto, forse inquinato dal romanzo piccoloborghese ottocentesco accoppiato all’esistenzialismo:
la sua era una strada, senza questione di meta o conclusione -,
non mi ha impedito, anzi proprio al contrario, di cominciare presto a essere un forte lettore:
ecco un altro caso di sportello, molteplice ossia con varianti e alternative.

Hanno cominciato presto a darmi dell’“intellettuale”, peccato che fosse per invidia (pedagogica sempre), tanto più che l’intellettualismo è una virtù infantile:
presto repressa, peggio ancora minacciata, infine rimossa dal bambino stesso.

Ancora nell’infanzia, apprezzavo il titolo di quel certo romanzo “Senza famiglia” (Hector Malot, 1878), indipendentemente dal suo contenuto lagrimevole-patetico.

Questa mia storia
– di cui ometto tutto il resto, e ometto anche ciò che sulla famiglia hanno detto pensatori non banali, della cui non-banalità si è perso lo stampo -,
mi renderebbe contrario alla famiglia, salvo la solita tolleranza per i “costumi” acquisiti e antichi.

Constato inoltre che oggi, anche se non sembra, nessuno difende davvero la famiglia (né “la vita”), salvo il prevalente fondamentalismo pio, anche laico, tutto impostato sull’automatismo apologetico e sulla banalizzazione:
è stanchezza intellettuale generalizzata (oggi predominante), in seguito a rassegnazione, anche laica ripeto, per la “valle di lacrime”.

Eppure, malgrado tutto, non sono diventato un nemico della famiglia:
piuttosto, il mio pensiero ha preso una strada nuova arricchendo la questione con due nuovi argomenti, nuovi perché tolti dalla censura.

Continuerò.

Milano, 26 maggio 2009

 

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