(verità economica)
Chi mi ama mi sfrutta:
mi mette al lavoro per la produzione di ricchezza,
con una remunerazione che è godimento del tesoro prodotto (diversa dal salario).
Non ho certo detto che chi mi sfrutta (lavoro salariato dopo la schiavitù) mi ama.
Il caso peggiore è un altro ancora, terzo, minaccioso oggi:
quello in cui non c’è né sfruttamento né amore:
che sia questa la “Crisi”?,
storicamente nuova in tal caso, senza paragone con quella del ’29.
Si allunga la lista di parole destinate a significati opposti:
sfruttamento, lavoro, precariato, occupazione … , amore (parola sempre oscura), godimento (idem).
Solo il povero non è sfruttabile, in ambedue i significati, salvo che dall’ideologia morale dell’eccipiente,
e senza essere plebe:
il povero non è uno sfruttato, è uno sfrattato, con tendopoli quando va bene.
Intelligenza-economia-salute vorrebbero che ci rendessimo sfruttabili, nel primo e secondo significato.
L’ontologia amorosa – “amare per ciò che uno è” -, né ama né sfrutta.
Questa pagina potrebbe venire letta come commento al celebre “L’albero si giudica [non dall’essere che è ma] dai frutti”,
e ad altro ancora.
Milano, 05 maggio 2009