Si sa, sono tre:
animale, vegetale, minerale:
è così che inizia l’analfabetismo di andata, quello su cui galleggia ogni successiva alfabetizzazione (“si sa” come formula dell’ignoranza colta, coltivata).
Che non sono regni è un’ovvietà, solo che le parole valgano qualcosa.
Credere in questi regni è più grave che continuare a credere che il sole giri intorno alla terra o, che è lo stesso, che la terra giri intorno al sole:
infatti la verità fisica è che nessuno “gira” (gravitazione).
Tutte puerilità come “il re della foresta”:
rammento che solo gli adulti possono essere puerili, non i bambini (poi li puerilizziamo).
Questo analfabetismo ha mille esempi, che colonizzano anzi costellano il linguaggio fino a costituirne il cielo delle stelle fisse, che qualcuno ha anche chiamato “Simbolico” o “Simbolismo”.
Di certe altre costellazioni della debilità mentale, ho parlato più volte:
l’istinto, l’innamoramento eccetera, ancora analfabetismo di andata, o la caverna di Platone in cui abitava anche Platone nel credere di tirarsene fuori.
L’asineria umana e solo umana, non asinina, dei tre “regni” ha una sua brutale intelligenza (anche la brutalità è solo umana):
quella di tenere il pensiero lontano dal pensare come regno solo quello umano:
di più, dallo scoprire che il regno è il primo pensiero del pensiero, quello che lo fa pensiero.
Il pensiero del regno è il più terra-terra dei pensieri, la dimensione stessa del pensiero sano.
Il pensiero sano ha come motto:
“Il mio regno non è da (ek) questo mondo.”
Milano, 16 aprile 2009