PSICHE E MEGERA

Ho appena ricevuto l’omaggio di questo Catalogo di Canova da parte di Gabriella Pediconi (Musei San Domenico, Forlì 25 gennaio – 21 giugno 2009):
la stessa mi ha fatto notare questo commento di Stendhal, 1816:
“Canova ha avuto il coraggio di non copiare i greci e di inventare una bellezza, come avevano fatto i greci”:
come facciamo noi quanto al pensiero, un pensiero che comporta una bellezza, e una verità, non greca.

Mi lascio andare al ricordo gaio di un recente rischio mortale:
eravamo, anche Gabriella Pediconi, allo Hermitage di San Pietroburgo, già Leningrado, nelle vacanze estive di tre anni fa:
nella grande sala dedicata a Canova ho avuto uno dei miei raptus da salute mentale:
mi è venuto spontaneo di baciare Psiche sulla bocca, della serie “Perché lui sì e io no?”, rendendo così onore al merito erotico di Canova.

Ma che cosa avevo fatto?!, istantaneamente l’Armata Rossa si è mossa verso di me nelle vesti furibonde di una vera megera con barba e baffi, incubo diurno e reale:
avevo dimenticato che il regime comunista usava scegliere un simile personale di sala, occhiute e ispide guardiane terrificanti.

Allora, per la mia salvezza, con un secondo raptus questa volta riparatore, con le dita le ho lanciato un bacio:
la megera si è fermata, poi è tornata al suo posto:
anche meglio di San Francesco con il lupo che era solo una bestia, Megera no.

Ammetto di essere stato un po’ carogna, ma riconoscerete che carogne così è meglio trovarle che perderle:
la subitaneità e perfezione del mio atto
– d’accordo, mi lodo da me, ma vorrei avere agito così in tante circostanze della mia vita –
nasceva non dall’astuzia, bensì dall’avere collegato donna e donna, Psiche e Megera, ossia ho riconosciuto una donna anche in Megera.

Chi è Megera?:
sappiamo che ci sono tre Erinni o Eumenidi o Furie, dee della vendetta:
Aletto (la collera incessante), Tisifone (vendetta per l’assassinio), e appunto Megera (vendetta per gelosia).

Detesto le lungaggini:
Megera è la donna negata dalla madre nella mente dell’uomo (“A che serve un uomo?”):
è di questo che Medea si vendica (la riduzione da donna a madre), non dell’opportunismo politico di quel b..do di Giasone, e nemmeno della sua concupiscenza ondivaga e magari un po’ cretina.

Una donna, salvo l’ambiguità della gelosia (vedi Freud), può amare la donna di un uomo:
la donna gelosa è la donna ossidata dalla madre nella mente dell’uomo.

Non è vero che le donne tra loro si amano.

PS

Ho detto “raptus” due volte, ma non credo affatto al raptus.

Milano, 22 aprile 2009

 

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