Sabato domenica 25-26 aprile 2009
in anno 152 post Freud natum
Lettura di:
S. Freud
Precisazioni sui due principî dell’accadere psichico
OSF 6
Aveva ragione Dante, e nel dirlo non sono impazzito, non rinnego nulla della critica che ne faccio da anni:
sto solo iniziando a imprimere un nuovo senso a tale critica:
per ora solo un cenno.
Si prenda un celebre endecasillabo dantesco, e lo si descriva come si fa con ogni fenomeno:
“Vexilla regis prodeunt inferni” (Inferno, XXXIV, 1).
Qui Dante compie un’operazione pericolosissima (se ne rendeva conto?, penso di sì) per la Teoria(-Teologia) che lo aveva preceduto, esplicitandone il senso.
Infatti egli semplicemente ribalta
– da Dio al Diavolo grazie all’aggiunta di “inferni” –
un inno liturgico di Venanzio Fortunato (VI secolo):
“Vexilla regis prodeunt” (in questo caso il re del cielo).
Ma le due specie di vessilli, o insegne, hanno tutto in comune:
1° l’essere vessilli, 2° l’essere di re, 3° l’avanzare:
c’è solo cambiamento di nome:
possiamo solo commentare che nella critica Dante è veramente … infernale!
Ciò che distingue un re non è il vessillo ma l’Ordinamento giuridico che lo fa tale:
stabilito questo, si può anche accettare che abbia pure una bandiera (come quella italiana, monarchia o non monarchia):
senza un tale Ordinamento c’è solo gruppo(-massa, il cui “noi” è fatto da vessilli) e patologia (che è compromesso individuale con i vessilli).
Solo un moderno poteva concepire una cosa simile, il Male parodia del Bene (espressione di V. Sermonti).
Dante rivela che Venanzio Fortunato aveva torto, perché l’eventuale re cristiano ha pensieri non vessilli:
detto in “lacaniano” non ha significanti, neanche quello della croce, ecco perché il vessillo costantiniano “in hoc signo vinces” non era buono.
Re e anti-re si riducono ambedue ai loro vexilla, come i loro adepti ai rispettivi clergyman, clericali o pseudo-laici.
Ma era già una vecchia storia, perché i primi vessilli erano già stati designati dalle prime pagine della Bibbia, “Il Bene” e “Il Male”
– nulla a che vedere con i giudizi “buono” e “cattivo”, che sono giudizi del principio di piacere -,
dai quali è stato correttamente proibito di derivare le mele.
Eva ha colto una mela “buona”, dunque ha operato nel giudizio del principio di piacere, non ha derivato alcunché dal Bene/Male, e ha protratto il principio nel condividere il godimento con Adamo:
è lui che ha sbagliato tutto, accusando la donna (divorzio anche nell’indissolubilità) e introducendo il delirio di nudità (“concupiscenza” o istinto come demenza, non natura).
Dante va riletto come uno dei più perfetti b..di di tutti i tempi, o anche come un moderno:
ha dedotto
– “tu non pensavi ch’io löico fossi” (Inferno, XXVII, 123) –
la parodia dell’errore sommo della Storia del cristianesimo nella Storia mondiale.
Doveva poi soltanto aggiungersi il Barocco
– “non è vero niente!”, formalmente dichiarato da Calderón, ossia che non c’è che clergyman -,
cioè non la ma una modernità.
Con la doppietta di giudizi, principio di piacere / principio di realtà che perfeziona l’intelligenza giudicante del primo, Freud è l’altra modernità:
che trova contro di sè la “maggioranza compatta” del gruppo.
Milano, 25-26 aprile 2009