Non è vero che la censura censura “certe cose”, e via con il solito sesso:
alla censura non importa nulla dei bordelli (intra- o extra-moenia), e meno ancora delle perversioni di cui peraltro è lo sponsor.
Il suo bersaglio è il pensiero come tale, che nella sua già iniziale disposizione illimitata (è l’unico dispositivo non automatico) è sinonimo di ambizione:
ambire significa andare da qualsiasi parte, ambito illimitato nella sua validità universale, non foresta “vergine” chissà perché, ecologia sessuale per fissati inconsapevoli.
Non sto a ripetere che l’attacco della censura ai sessi, alla loro differenza, è puramente tattico, il bersaglio del nemico è il pensiero.
La prima bordata della censura del pensiero colpisce proprio la parola “ambizione”, immediatamente condannata senza perché, e in modo che non ci si chieda perché.
Ne parlavo già in “Lexikon psicoanalitico e Enciclopedia” (Sic Edizioni, 1987) alla voce “Ambizione” (pp. 78-81), a partire dall’osservazione che il carattere a dir poco sospetto della condanna dell’ambizione è stato bene rappresentato da Shakespeare:
“ ‘Amavo Cesare […] ma era un ambizioso e l’ho ucciso!’ (Bruto). L’ambiguità di questa celebre frase descrive bene l’ambiguità del dibattito psicoanalitico sul carattere dell’ambizione. Immaginiamo provocatoriamente uno psicoanalista che esponesse il caso di un paziente in questi termini: ‘Era un ambizioso e l’ho psicoanalizzato!’, peggio: ‘l’ho guarito!’ ”:
il problema degli psicoanalisti non è di essere dei bruti, ma dei Bruti.
Riferisco (dalla supervisione) due lapsus di una giovanissima in cui la censura sui sessi è massima fino a estese conseguenze patologiche, anche clinicamente manifeste:
1° intendeva dire che avrebbe voluto scrivere un racconto ma ha detto “romanzo”, ossia qualcosa di più ambizioso:
subito ha rinnegato il lapsus come “distrazione”,
2° lo ha rinnegato con non minore determinazione e indisponibilità a ripensarci che un lapsus di poco precedente, in cui aveva sostituito “gravidanza” con “aborto”.
Il rinnegamento dei due lapsus in successione fanno di lei una povera diavola.
Il riconoscimento della sua ambizione l’avrebbe guarita anche quanto al sesso, sul quale il pensiero non massacrato ha vita facile.
Milano, 29 aprile 2009