CRONACA NERA DEL PENSIERO

Intitolerei così una rubrica fissa dei giornali:
infatti ce ne sarebbe per tutti i giorni e tutti i giornali, tanto più considerando il sangue che cola solo come una casistica particolare e minoritaria.

Si tratta del diciassettenne tedesco Tim (a Winnenden, Stuttgart), che martedì 11 marzo u.s. con una pistola semiautomatica ha freddamente freddato quindici persone, in maggioranza studenti, poi se stesso:
un suicidio di massa (astratta per essenza).

Un giornalista ieri ha commentato:
“Ma qualcosa di storto c’era, altrimenti non saremmo qui a […]”:
allora vediamo lo “storto”.

Al pensiero di Tim non ci voleva poi molto, una volta passato all’astrazione di massa (o gruppo):
gli bastava associare al suicidio premeditato un omicidio non meno premeditato (singolo o plurimo), giusta la verità freudiana che un suicidio è un omicidio portato sulla propria persona:
il suiomicida ha inventato, in questo caso come in molti altri, una nuova matematica:
15 = 1, dove 15 è diminuibile o accrescibile “a piacere”, con lo scarso e discutibile piacere della massa (tutti astratti):
non mi perdo a disquisire che = 1 è il significato di “narcisismo”, astrazione.

Nel suo caso la disponibilità domestica delle armi ha solo fatto da occasione fortuita, e neppure da tentazione:
esse avrebbero potuto suggerirgli di fare carriera come onesto armaiolo.

Un altro giornalista ancora ieri ha scritto:
“non riusciremo mai a sapere perché”:
ma così lo stesso giornalista ha contribuito, pur stracciandosi le vesti, alla giustificazione dell’atto, tanto da aggiungere:
“Davvero nessuno sa di quale logica è fatta la colla che teneva insieme Tim, il mistero [???] dei suoi sentimenti, della sua infelicità, della sua follia [???], che sono le cose più profonde e insondabili dell’universo [???]”.

Qui l’apologia di ignoranza è complice, non esiste Santa Ignoranza:
solo il pensiero che sa, perché non rigetta ciò che sa, può essere san(t)o, in-nocente.

Il sapere riguardo alla cronaca è facile:
si tratta della banalità logica della “risulta”:
questo suiomicidio è solo una delle diverse varianti di risulta del pensiero quando non è pensiero di profitto, il solo che non ucciderebbe nessuno, e senza bisogno di appellarsi a una morale superiore, anch’essa incline all’astrazione di massa:
solo chi ama gli affari non fa fuoco, e da vent’anni parlo dell’amore, ma anche della tolleranza, come di un business, SpA:
la massa risulta dal non pensiero di profitto.

Quando il pensiero di profitto è ancora in vita, lo è per un compromesso che chiamiamo ancora, con persistente compromesso anche linguistico, “nevrosi” (che non uccide).

Non è una “mano invisibile” il pensiero di profitto.

Non devo neppure pensare alla subdolità della schizofrenia già nota:
la schizofrenia clinica, quella degli psichiatri che conoscono solo la schizofrenia andata a rotoli, ne è solo un caso particolare e minoritario:
la schizofrenia è pacificamente diffusa.

So di psichiatri (che non menziono) che sono lì lì per inventare “San Schizofrenico”, se già non lo hanno fatto.

Restiamo moralmente debili perché non sappiamo riconoscere, sapere – nesso sapere-moralità, non bio-etica – la cronaca nera del pensiero della formazione reattiva, socialmente accettata e perfino virtuosa, che fa colare ben oltre il 15 senza polizia né tribunali.

Personalmente, sono ancora vivo perché non mi sono arreso al gruppo:
ma ho dovuto difendermi, non da solo.

Milano, 13 marzo 2009

 

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