Nel momento in cui scrivo, Obama non ha ancora giurato né tenuto il discorso inaugurale (h. 12 e 12.30 di oggi martedì 20 gennaio).
Mi piace immaginare logicamente (“sogno” più che americano, mondiale) che dichiarasse
– mentre rileggo la cosa è già avvenuta –
che la sua ambizione, che egli conta di realizzare al termine del suo mandato e come coronamento della sua carriera di uomo-politico, è quella di ricominciare operando da psicoanalista.
Ciò come maggiore ambizione, quella di occuparsi, sempre nell’ordine pubblico, di tutto ciò di cui non avrà il potere di occuparsi nello svolgimento del suo mandato, ed è il più.
Sarebbe un discorso da vero uomo di potere (verbo), a più forte ragione in una situazione attuale del mondo in cui il Potere (sostantivo) scarseggia come l’acqua in certe regioni africane.
I “Potenti” potrebbero voler curare l’impotenza con la guerra:
lo ha già fatto il Presidente uscente, con la notoria sciaguratezza.
La penuria mondiale di Potere sarà il primo se non unico problema di Obama.
Quell’ambizione sarebbe, per lui e per noi, un progresso nella virtù:
in quanto virtus significa forza, valore, facoltà, eccellenza, merito, successo, potere, tutto questo nella legittimità, ossia moralità.
L’impotenza è l’unica questione morale:
da essa discende la precipitazione di tutte le immoralità.
Non ripeto che la psicoanalisi è solo un’applicazione del pensiero (“di natura”) nell’ordine della sovranità, il che è vero anche per Obama.
Milano, 21 gennaio 2009