ANGOSCIA: DIMOSTRAZIONE DELL’ESISTENZA DELL’AMORE

Nella seconda infanzia ho abitato in una zona periferica di Milano.

Verso l’ulteriore periferia, che era campagna, avevo libertà illimitata di movimento, verso il centrocittà mi sottomettevo a un limite stabilito da mia madre (l’innocente via Farini), limite che osservavo con scrupolo distinguendo, con già patologico puntiglio, aldiqua e aldilà.

Ma un giorno a nove anni feci il “folle volo” senza volo né follia:
non avevo affatto una tale ridicolmente perigliosa o folle intenzione perché, semplicemente, un chiosco di giornali “aldilà” mi aveva stimolato (ero già un frequentatore di carta stampata in forma di comics, che siano benedetti!), distraendomi felicemente.

É stata la mia prima esperienza di scoperta che non c’è aldilà, visto che il precedente aldilà era ormai aldiqua, che il precedente aldiqua era diventato aldilà, e che il limite non era un limite ma soltanto un suolo trafficato da attraversare con elementare oculatezza.

Il chiosco mi aveva fatto la grazia di risparmiarmi l’angoscia aprendomi, letteralmente, la strada:
infatti, se prima osservavo il dettame materno non era perché lo rispettavo come tale (giustamente, perché era un dettame ridicolo, e il bambino-avventuriero che ero lo sapeva), bensì perché il solo pensiero di non osservarlo era il pensiero di una minaccia assurda ma effettiva, quello di perdere l’amore presupposto in mia madre:
è la prima corruzione del pensiero (anche nella Storia del pensiero):
mi ci sono poi voluti anni per riconoscere in me e in altri una tale Teoria o Oggetto con il suo grottesco potere di minaccia.

É questa minaccia a farsi angoscia se affrontata “di petto” come tale, senza avere prima pacificamente concluso che l’amore da cui proviene non esiste affatto, puramente e semplicemente, ossia senza il sapere che non c’è trasgressione, né del limite né dell’amore:
con questo sapere si diventa liberi di chiedersi se la parola “amore” resti riservabile a un qualche significato, senza più il ricatto del presupposto (che nega anzi proibisce il significato o concetto).

É l’amore (solo presupposto) l’Oggetto dell’angoscia:
che “normalmente” esiste solo come minaccia ossia è “inconscia”, efficace in tutte le conseguenze inibitorie anzitutto per il pensiero, inibitorie per prevenirla in un’assurda opera di prevenzione (tralascio le conseguenze sintomatiche).

C’è poi, ma solo poi, l’angoscia cosciente, che paragoniamo non a torto ai peggiori dolori fisici, angustia pectoris come angina pectoris.

C’è qualcosa di equivoco nell’angoscia cosciente e dolorosa, perché in essa permane la radice dell’inganno iniziale, quello dell’amore assoluto o presupposto:
nell’angoscia quest’ultimo permane come postulato intatto e creduto intangibile, in flagrante e formale contraddizione (A non è non-A) con un eventuale concetto o significato positivo di “amore”, posto che se ne invenga uno:
do ragione a Maria Delia Contri quando correla l’angoscia con la contraddizione.

La maggior parte delle vite trascorre, come il fiume di Eraclito, nell’angoscia inconscia come minaccia fideisticamente potenziale attualizzata nell’angoscia cosciente:
tragicomica di essere/divenire.

La contraddizione sull’amore è tenuta in vita dall’angoscia, che diventa così una dimostrazione, inconsistente o contraddittoria, dell’amore ineffabile.

Ma noi umani siamo indomabili, il che andrebbe benissimo se non lo fossimo anche nel peggio:
pur di mantenere la dimostrazione nella contraddizione, siamo capaci di militare nel pianto l’angoscia:
caso della crisi di panico, lungamente attesa cioè premeditata, angoscia che pagano tutti (almeno i famigliari), “Perisca Sansone … ”.

L’angoscia funge da dimostrazione come per il Dio di certi teologi:
per i quali se anche Dio non può venire dimostrato, si può però operare in modo da dimostrarlo ugualmente, come?:
con la bislacca dimostrazione che esiste perché esistono le Chiese e i credenti (o almeno sedicenti tali):
allo stesso modo, l’amore assoluto viene bislaccamente dimostrato dall’esistenza fedele dell’angoscia.

Milano, 16 dicembre 2008

 

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