Che i postulati che comandano le nostre vite siano giornalismo da prima pagina, non è da dimostrare, non c’è da sfondare una porta aperta:
il giornalismo
– invenzione eccellente della Modernità: poiché riguarda la vita quotidiana di tutti significa universalità -,
– io faccio giornalismo -,
il giornalismo dei postulati occupa sempre la prima pagina insieme alle notizie (economia, politica, cronaca giudiziaria … ), e spesso le in-forma mentre … informa.
Tra mille esempi uno recentissimo, l’articolo di ieri in prima di J. Attali (la Repubblica 25 novembre) dal titolo “Se il futuro dell’uomo si chiama poliamore”, che prosegue come piccolo trattato sull’amore con tutta la robaccia plurimillenaria sull’amore.
Esso prosegue sull’amore ma inizia come giornalismo del postulato, in questo caso il postulato della “conservazione” ossia dell’istinto:
scegliendo quello della conservazione della specie, lasciando per ora a parte quello della conservazione individuale.
Cito l’inizio di questo prete dell’umanità:
“Da oltre quattro miliardi di anni, la storia della vita segue una sola strada, quella della propria conservazione”:
segue subito l’essenza “sessual-ità” (sono io a scriverla così da vent’anni per annotare un delirio plurimillenario), secondo il fine che “la specie si perpetui”.
Poco oltre viene fatta seguire la serie data per omologa:
“incesto, zoofilia, pedofilia, feticismo, pornografia, erotismo” (no comment).
Obietto all’Autore di non rendersi conto che lui sta descrivendo un postulato, non una legge della natura, sia pure di una natura culturalizzata (educata):
e che l’umanità di cui parla è un’umanità che si è sottomessa al postulato, proprio come l’Autore stesso in quanto Giornalista dei postulati.
Ho già troppo parlato del fatto che questo postulato origina come ostilità a un principio, e non riprendo daccapo (idem quanto al preteso “istinto” di conservazione individuale).
Scomparse le ideologie non stiamo meglio perché resta il peggio:
esso è quei postulati che, una volta esaminati, si rivelano come Teorie, e Teorie volgari e insostenibili una volta individuate e sottomesse a prova:
come la platonica Idea del Bene, dell’Amore come presupposto contro il pensiero, dell’Istinto di conservazione, della Grandezza di Dio, della Bellezza della natura, e la serie continua.
Noi Umanità siamo tragicomicamente sottomessi a questa batteria di pseudopostulati o Teorie, come una batteria di cannoni con tutte le conseguenze materiali, sociali, intellettuali, corporali di un bombardamento.
Osservo che “Grandezza” è, primariamente senza analogia, un linguaggio da Stadio, dalle cui tribune si grida a un calciatore:
“Grande!” o “Sei un Dio!”:
“stadio” significa gruppo, massa:
pericolo!
Milano, 26 novembre 2008