PSICOTEOLOGIA

“Oh gran bontà de’ cavalieri antiqui!” (L. Ariosto, “Orlando furioso”, canto 1, XXII):
mi viene questa associazione sembrandomi di parlare di tempi lontani, del medioevo della patologia, ricordando un evento del 1969.

Ho appena parlato (sabato 18 ottobre, Prolusione allo Studium Cartello) di Amicizia per il pensiero, e di Freud come il primo Amico a tempo pieno del pensiero, in tutta la storia del pensiero.

La psicoteologia è nevrosi, come tante altre cose:
ma per mia fortuna in me non era tanto forte:
dicendo che è nevrosi dico anche che non è propria dei credenti cristiani, perché l’hanno (anche se non lo ammetteranno mai) anche i miscredenti, e i credenti di altre specie:
errore e patologia sono bandiere autonome, che si occultano poi sotto bandiere religiose o irreligiose, o di altra specie:
devo a Freud l’averlo potuto scoprire, si veda anche ciò che ho detto del Prete-eterno, perfino di ambedue i sessi (vedi “Faccia da prete”, venerdì 12 settembre).

Ma ricomincio, e precisamente dalla mia esperienza sul divano di J. Lacan agli inizi, poteva essere il 1969:
in una seduta indimenticabile mi è sbottato fuori di interrogarmi (!?) sulla compatibilità (!!!???) della psicoanalisi con il cristianesimo:
ideazione compulsiva, dubbio ossessivo generato dalla nevrosi ossessiva come religione anche nel non credente.

Ebbene, non ho mai dimenticato la puntuale risposta-battuta di Lacan con la sua notoria voce nasale ma forse accentuata ad arte:
Ne faisons pas de la psycho-thèologie!”:
posto che ne avessi voglia (ma la compulsione non è voglia, desiderio), me l’ha fatta passare per sempre.

Qualche anno dopo (1973 o dintorni) ho avuto occasione di mettere a frutto questo importo dell’analista, divenuto mio, in un incontro con autorevoli rappresentanti latino-americani della “Teologia della rivoluzione” o della “liberazione”, promosso dalla Jaca Book:
a conversazione avanzata, ho domandato che cosa c’entrava la Teologia:
infatti mentre trovavo sensato che si battessero per la o una rivoluzione, al contrario trovavo che mettere la Teologia sulla rivoluzione era un tradimento, un’istanza di controllo, un mettere le mani addosso:
poi ho concluso a mio proposito, testimoniando che io non avevo fatto Teologia della psicoanalisi, bensì che ero diventato psicoanalista:
ricordo che non ho avuto successo, anzi che non sono stato capito (o forse troppo).

Nella mia vita in cui ne ho viste di tutte, non ho trovato nella Chiesa l’amicizia per il pensiero
– che è la ragione del mio iniziare ad “abbracciare” Freud a ventuno anni -,
e a volte vi ho trovato perfino ostilità per il pensiero, con spunti benché rari di ferocia.

Malgrado questo non ho gettato la Chiesa alle ortiche
– rimango battezzato, papista, osservante della messa, dei “dogmi” eccetera -,
per una e una sola ragione che ora non dico (l’ho già detta):
è una ragione che mi fa non escludere in essa un soffio ultimo, novissimum, di amicizia per il pensiero:
o di amore.

Milano, 21 ottobre 2008

 

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