[Questo articolo resterà, ragionevolmente, l’intera settimana: riprenderò lunedì 20 ottobre.
Esso è anche un sussidio alla Prolusione di sabato 18 ottobre al Corso annuale dello Studium Cartello dal titolo “La difesa”.]
Ho come lavoro la cura, senza eccettuare me stesso, per l’uomo senza difesa:
a tale cura Freud ha dato il nome iniziale “psicoanalisi”.
Dell’uomo senza difesa sta parlando in ritardo tutto il mondo, dopo l’arrivo annunciatissimo della crisi finanziaria mondiale:
di difesa egli manca anzitutto perché deabilitato nel pensiero, fino alla caduta di questo il cui nome è “panico” (“Panico di coscienza”, 9 ottobre).
É l’uomo di quadri fissati al muro (“Quadri fissati al muro”, 6 ottobre, “Muro di quadri e nuova terra”, 7 ottobre), uomo di patologie:
fra queste, la nevrosi è la meno indifesa,
ce ne sono altre che passano all’offesa.
Questo muro è fatto-imbastito-abborracciato di Teorie come progetto architettonico della “realtà” che ci ostiniamo a chiamare così:
teorie dure come il ferro e stupide come la luna:
la loro alchimia contraddittoria fino al comico – nel colto come nell’incolto – scoraggia l’intelletto, facendolo arrivare sempre troppo tardi.
Mi ci sono voluti anni per decidere che questo muro, polimorfo anzi arlecchino, ha come chiave di volta la Teoria dell’amore (antica, medioevale, moderna; eterna?), dura e stupida (anche “Dio” ne è stato ufficialmente, teologicamente, inebetito):
essa tiene insieme tutte le altre, millepiedi zoppicante in ogni gamba, e con un cervello men che di gallina:
diversi anni fa mi ha scandalizzato J. Lacan quando ha detto “La vie n’est pas tragique, elle est comique”.
Ho già evocato (6 ottobre) la competenza con cui J. Lacan ha chiamato un tale amour, teoria-muro, l’amur, l’amuro, la violenza dello s-pensieramento detto “innamoramento”, o haine-amoration (ancora J. Lacan):
è la violenza dell’amo-re dell’amo, quello da pesca (ne ho già detto).
Si scrive “realtà” ma si pronuncia “mondo” in senso giovanneo, quello che né può né vuole recepire, capire, niente:
ho quasi terminato il disegno di questo “Mondo”, collage non disegno:
forse lo chiamerò “Guernica 2” (ma su un modello rinascimentale), a bombardamento interno, sistemico.
L’amuro è il nostro habitat quotidiano (che poi si riedita o ricicla in Università), quello che con corretta ma inavvertita paranoia chiamiamo “il mondo che mi circonda” e perseguita:
se il paranoico – e ogni altro, perché la paranoia è ubiquitaria – riconoscesse questa persecuzione sarebbe guarito (dico “ri-conoscesse” perché una prima volta l’aveva già conosciuta):
la paranoia è appartenenza all’amuro, anche quando si crede di combatterlo da terroristi, che sono dei paranoici ossia rinforzano il mondo che combattono.
L’angoscia viene dall’amuro, dall’inganno sull’amore, cui si è fissati anche da meno che un chiodo, basta lo spillo di una farfalla.
Sapere il collage dell’amuro difende il pensiero, purché questo sia preceduto dal suo essere come tale difesa del reale, che sostiene per il solo fatto di non operare omissione né sistematizzazione o censura nell’incontro o recezione.
Milano, 13 ottobre 2008