Sabato domenica 20-21 settembre 2008
in anno 151 post Freud natum
Lettura di:
S. Freud
L’avvenire di un’illusione
OSF 10
É una scoperta di alcuni anni fa, che mi ha sorpreso:
sono uomini di poca fede pressoché tutti, credenti compresi:
essi sono quelli che cercano una ragione che non sia già un implicito forte della fede.
In fondo siamo sempre nel solco del “credo quia absurdum” di Tertulliano, II secolo, e del “paradosso” di Kierkegaard, XIX secolo, aritmeticamente parlando sedici secoli buttati via:
e via con il rischio, il salto, la scommessa (la disonestà di Pascal).
Noi cristiani, nel dubbio, abbiamo aggiunto la confusione tra la Cattedra di Pietro e la Cattedra universitaria.
Se la parola “fede” ha un significato, è perché designa una facoltà o ragione, la facoltà del giudizio di affidabilità, con i suoi due vincoli logici:
i giudizi di innocenza e di consistenza o non contraddizione, riconducibili:
l’inganno, senza innocenza, è una contraddizione.
Per quanto si sia pragmaticamente scettici, escludo che si possa negare la possibilità di tale facoltà.
In definitiva, l’illusione non è la fede ma il credere di averla, il credere di credere.
è la funzione delle religioni:
ho così assegnato senso a “L’avvenire di un’illusione” di Freud.
Non si osserva mai che “fede” significa “credito” cioè economia:
senza credito crollano gli affari.
Lo psicoanalista, salvo che non esista affatto, si regge sul giudizio di affidabilità.
Non avrei mai pensato di convertirmi al feud-alesimo:
senza concessioni a quello del passato, fatto da uomini di poca fede.
Milano, 20-21 settembre 2008