Sabato domenica 27-28 settembre 2008
in anno 151 post Freud natum
Lettura di:
S. Freud
Parricidio
OSF passim
a Erasmo e Innocente
Tutto il mondo è paese, se anche in Malesia si discute come da noi sulla distinzione tra “vero” padre, il padre biologico (poi, nel progresso democratico, tra “vera” madre eccetera), e padre adottivo del bambino.
In Malesia, paese islamico, nel giornale The Star è apparso lunedì 21 luglio un articolo intitolato “Don’t hate the biological dad”, a proposito del “bambino adottato” (the adopted child):
l’autore vi sostiene la sua tesi, a favore del padre biologico secondo la distinzione tra padre e padre (e parla anche di “radici”, roots, proprio come da noi):
la sostiene a colpi di Corano anziché di argomentazioni sue proprie, noi diremmo “laiche”.
Lo fa citando la Sura o Capitolo 33 del Corano, §§ 4-5, con i seguenti passi:
§ 4: “Dio non ha posto nell’uomo due cuori” […], né ha costituito i figli adottivi vostri veri figli” […].
§ 5: “Chiamateli [i vostri figli adottivi] con il nome dei loro veri padri […].
Ma non me la prendo con il solito fondamentalismo:
la laicità occidentale è ancora troppo lacunosa per salire in cattedra:
e una laicità non lacunosa non avrebbe bisogno di salirvi.
La distinzione “vero” padre/padre adottivo cade sotto una luce completamente nuova se si pensa all’adottato come bambino:
ma ora i più avrebbero incolpevole motivo di cadere dalle nuvole:
infatti quasi nessuno sa che fino all’altri ieri l’istituto dell’adozione riguardava, per millenni, solo adulti da parte di adulti:
in Italia l’adozione di minori di età è stata contemplata per la prima volta dal Codice Civile del 1942.
Ma allora bisogna ricominciare tutto da capo (riecco Freud):
negli anni decisivi per la costituzione del pensiero (o “psichica”), fino ai cinque o sei, la distinzione – nella verità – tra biologico e adottivo non esiste, semplicemente:
e noi assistiamo alle catastrofi psichiche prodotte dall’adulto quando fa irruzione nel figlio adottivo con la “rivelazione” di non essere lui il “vero” padre, o la “vera” madre.
“Padre”, madre compresa, è il pensiero di beneficio legittimamente e titolarmente acquisito (dunque non dono), significa eredità, compreso il beneficio d’inventario ossia niente cavallo di Troia:
ci voleva la psicoanalisi per introdurre il beneficio d’inventario e estromettere il celebre cavallo.
Troverei sensato quel radicalismo metodologico che sostenesse che non sono mai esistiti padri se non come banche di sperma:
esso lascia soli con la loro angoscia tanti padri con la loro ridicola deduzione spermatica del “vero” figlio;
soli anche con la patetica frase “Come ti ho fatto così ti disfo”,
che fa coppia con il non minor patetismo “femminile” della frase gemella “Una donna, un uomo o lo fa o lo disfa.
Il figlio “naturale”, che ancora non esiste come figlio ma solo come autistico, passa a figlio se trattato come adottivo, indipendentemente dalla supposizione di affetti naturali dati come orientati dalla “natura”:
il figlio è tale anzitutto dal punto di vista dell’eredità (non conosco nulla di più affettivo):
come nel “Figliol prodigo”, alla cui mia esegesi rimando compreso il finale:
il padre lo nomina Amministratore Delegato:
rammento che la parabola inizia dal fatto che il padre gli riconosce l’eredità, per di più “a babbo vivo” o padre logico(-giuridico).
Posso qui sorvolare sulla distinzione tra adozione e affido, tenuto anche conto di ciò che dico dell’affidabilità.
[dedicato a due Amici nella cui opera penso di avere riconosciuto ciò che dico.]
Milano, 27-28 settembre 2008