IL SEMPLICISMO DI BABELE

Constato che quella vecchia storia di “Babele” non è mai stata chiarita:
perché mai l’Altissimo avrebbe dovuto prendersela?
– in fin dei conti, che volessero arrivare fino a Lui era un intento di riconoscimento, apprezzamento, omaggio -,
fino a inibire il progetto ungendolo, come con la peste, con la confusione delle lingue, cioè facendo di Babele una … babele.

C’è però una possibilità di intendere:
pensando alla Babele biblica come già una … babele, una confusione, e che qui l’intervento di “Dio” significa semplicemente la sanzione di un errore di confusione già in corso.

Ma lasciamo il mito biblico e veniamo alla nostra Babele-babele, o confusione delle lingue attuale.

Un primo esempio perfino facile, un esempio di confusione delle lingue entro la medesima lingua
– è questa la vera confusione delle lingue, sperimentata da tutti –
è il caso della parola “intelligenza”:
il suo significato in “intelligenza artificiale”, e prima ancora nella storia della Psicologia novecentesca, è tutt’altro da un suo altro significato sul quale non desidero neppure tornare:
nel primo si tratta già di semplicismo “complesso” (la matematica sarebbe il calcolo del semplicismo complesso, come per esempio la teoria delle catastrofi?)

Il secondo esempio è proprio quello della parola “complessità”, così usata e abusata da non poterne più:
la complessità dei Sistemi “complessi” è solo una rappresentazione del semplicismo umano, in ultima analisi psicotico, raggiunto per scarto di fattori e per censura sull’esservi stato scarto.

E qui ritorno senza ripetermi su ciò che dico da anni:
conosco solo una complessità non semplicistica e degna di venire coltivata:
quella tra due (o più) partner liberi da presupposti, algoritmi, armonie prestabilite, con un condiviso fine lucrativo:
lo chiamo regime dell’appuntamento, l’unica esperienza alla quale riservo senza riserve la parola “amore”, una complessità semplificante la vita.

So che pochissimi vanno a un appuntamento (quando ci vanno) in regime di appuntamento:
da anni ho introdotto la formula generale “aspettami io non vengo” per tutte quelle specie del non-venire che sono le specie psicopatologiche (a partire dall’isteria), diagnosticate molto raramente.

Si cerca di sbarcare il lunario con la controformula “Mettiamo prima nero su banco” (matematicamente, giuridicamente):
non ne sono intollerante, può servire come deterrente:
ma i buoni affari non dipendono dal suo presidio, bensì dal sussidio di un distinto diritto.

La psicoanalisi mira a risolvere nell’univocità la confusione delle lingue entro la medesima lingua.

Milano, 23 settembre 2008

 

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