UN SOGNO-MANIFESTO

C’è qui gioco di parole
– latente/manifesto: mi sembro di quelli che spiegano le barzellette -,
allo scopo di ribadire che il latente del sogno è pubblico, manifesto, mentre quell’incosciente della coscienza privatizza tutto come condizione per mantenere la censura.

Questo sogno è breve, condensato:
allo squillo del telefono il sognatore esclama:
“É per me!”:
ora una telefonata in arrivo, eccitamento da stimolazione sensoriale, è comunemente  detta “chiamata” a buon titolo (sinonimo di “vocazione” come vado ripetendo).

Osservo che nella frase del sogno c’è certezza:
che è una chiamata ossia la prima delle certezze, tutt’uno con l’intenzione di “prenderla” (altra parola ben capitata dell’uso comune).

La frase dice predisposizione all’eccitamento, senza preliminare obiezione a esso:
l’ostilità, l’homo homini lupus, non inizia come ostilità all’homo bensì all’eccitamento:
l’innamoramento è gli è ostile, e lo omette, è ostile ai “preliminari” (che non sono esattamente quel che si crede):
nulla a che vedere col prendere a scatola chiusa (caso dell’innamoramento):
“è per me” esclude solo l’obiezione di principio.

“É per me” in quanto eccitamento, è il pre-testo della relazione possibile, che nell’innamoramento manca (il pretesto e la relazione).

Se dietro lo squillo ci fosse una ragazza, sarebbe una ragazza-squillo?

Milano, 15 maggio 2008

 

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