In un quadro si può dipingere qualsiasi cosa, tutto e il contrario di tutto, ma resta la fissazione al quadro:
al chiodo inseparabile dal quadro.
Nessuna specie di emancipazione l’ha neppure scalfito, né comunismo o anticomunismi, né femminismo, moralismo o immoralismo, movimento gay, anarchismo, fondamentalismo, terrorismo, formalismo, scienza o occultismo, religione o irreligione, occidente o oriente…
Senza confessarlo tutti hanno sperato, non irragionevolmente, almeno nel Capitalismo, tanto da rilanciarlo globalmente:
ma quadro e chiodo restano.
Del quadro ho spesso parlato nei suoi nomi:
fantasma, Idea, Oggetto.
Lo chiamo anche il Quadreterno.
Sociologicamente, il quadro per lo più si fissa a un territorio, ma le cose non cambiano se il chiodo si sposta freneticamente:
anzi il chiodo mobile serve a creare l’illusione del movimento perlomeno in alcuni privilegiati.
Il quadro è la provincia, che preferisce la … provincia per affinità elettive, ma resta provincia anche in jet:
e non buttiamola in scienza, anche le galassie sono provincia.
L’Isteria discute il chiodo (spostandolo), non il quadro.
Passano i cieli e la terra, ma non passa il Quadreterno.
Dante ha messo il Quadreterno in Inferno, Purgatorio, Paradiso:
non si vede la novità:
il Quadreterno fa concorrenza eterna al Padreterno.
Che la soluzione sia il Nirvana?:
dopo il Buddha, Freud ne è stato interessato:
se il Nirvana fosse soluzione al Quadreterno sarei buddista (à suivre).
Milano, 23 aprile 2008