Un esempio di compagnia occasionale e non necessariamente condivisa.
Mi viene segnalato da Maria Gabriella Pediconi un passo preso dall’Introduzione di Lorena Preta all’ultimo numero di “Psiche”, n. 2, 2007, rivista della Società Psicoanalitica Italiana (SPI), dal titolo “Il dio protesi”.
Ne isolo la tesi principale, o almeno tale la ritengo:
“Le sue trasformazioni [della psicoanalisi, ndr] operano su legami, non su oggetti” [sottolineature mie]:
è ciò che dico da anni (almeno da “Il Pensiero di natura”, 1994, che fa da base allo Studium Cartello-Il Lavoro Psicoanalitico).
É ciò che ho imparato da J. Lacan, che ha disegnato il “discorso psicoanalitico” come uno dei massimi legami sociali (“massimi” come si dice “massimi sistemi”).
Ma la Storia della Psicoanalisi ha deviato precocemente, come i bambini, sul versante dell’oggetto:
i “rapporti oggettuali” sono opera di psicoanalisti, neocreazione postbiblica da “dio protesi”.
Questa distinzione riguarda l’intera Storia del pensiero.
Ma molto di più e in modo definitivamente interessante:
riguarda la vita personale di ciascuno in ogni tempo, senza eccezioni umane o… divine.
E ancora, si tratta di ben altro che di due versanti:
la distinzione si riconduce in ultima analisi a quella tra due confliggenti Istituzioni del pensiero
– rinvio ancora alla recente rivista dello Studium Cartello “Istituzioni del pensiero”, n. 1, 2008 -,
e la Psicoanalisi si situa secondo la prima di esse, mentre la psicopatologia secondo la seconda,
salvo compromessi che sono pur sempre salutari anche quando estremi:
nella psicopatologia bisogna saper distinguere tra ciò che è compromesso e ciò che non lo è, perché la facoltà di compromesso è pur sempre una risorsa ossia dal lato della salus.
L’oggetto è obiezione:
al pensiero, o alla “libido” come il pensiero capace di investimento, non su oggetti ma su materie (che diventano materie prime) per il profitto.
Lacan non ha mancato il gioco di parole objection / abjection, objet / abjet.
Dell’oggetto offensivo l’analogia più inoffensiva è quello con il fascio di luce che abbaglia la retina, o con la luce che penetra in camera oscura, con effetto di oscuramento, oscurantismo, occultismo.
“Fiat lux!” va riesaminato a una luce onesta.
Milano, 26 febbraio 2008