Siamo imbottigliati da un tappo, e non c’è cavatappi che tenga, non perché non ci sia soluzione, ma perché non è quella del cavatappi:
è che ci siamo fissati al collo tappato di bottiglia, per il resto aperta da tutte le parti (anche la bottiglia cioè il modello del contenitore è un fantasma), anche dalla parte del tappo, pieno di buchi (l’assoluto del tappo è un fantasma o una Teoria).
Sfondo una porta aperta:
“sacro” significa limite da non superare, questo limite è una soglia, questa soglia o porta è “quella” – con virgolette per designare un’idea delirante – del sesso femminile:
non c’è altra origine del Sacro.
Nella fantasia teorica di un mio “paziente” (teorica così come sono Teorie tutti i fantasmi), ciò è apparso nella figura dell’arco da varcare, figura del “Sacro”, seguita da quella della navata centrale di una Chiesa in “fondo” alla quale c’è il Santo o Santissimo:
ecco la stoffa di ciò che affligge noi umani, e farne la scoperta può entusiasmare, non affliggere.
Si colloca qui il “tabù della verginità” (Freud), sostenuto anche dal tardivo libertinismo settecentesco (De Sade commentato da J. Lacan).
É un’idea delirante primaria rispetto a quella, secondaria ossia derivata, che è l’idea biblica di “nudità”.
Nella storia dell’arte si è poi aggiunta la foglia di fico, che essendo identica per i due sessi rappresenta l’idea parimenti delirante di monosessualità o omosessualità originaria:
la colloco all’inizio della processione di idee deliranti:
se “mono”, allora bisognerà aprire una porta là dove non c’è ancora porta:
viene poi ovvia benché parimenti delirante l’idea di coito e parto anale che rintracciamo regolarmente.
Che cosa è successo perché questa catena delirante si instauri, contro ogni buon senso nonché logica?:
un’obiezione, un’ostilità al rapporto come fonte di un beneficio in quanto recepito:
entro la quale premessa tutto è lecito, à la guerre comme à la guerre, comprese tutte le contraffazioni nell’ordine sensibile e logico:
con ciò, perlomeno, all’inizio della catena ideativa troviamo, non un’idea ma qualcosa di semplice e solido benché non beneaugurale.
É un’ostilità “dura e pura”, fino al proposito nient’affatto inconsapevole dell’ “inaccessibilità narcisistica” (Freud) ossia di non tangere questo punto, di impuntarsi qui, noli tangere matrem.
Come sempre si finisce nel comico anche quando il finale è tragico:
a rappresentare l’obiezione è prescelta l’imene, ossia una “cosa” che non è neppure un organo, e più inutile ancora dell’appendice, che almeno nei primi anni di vita serve a qualcosa benché poco:
o mi si risponderà – come pensano tutti, moralisti e “libertini” – che l’integrità dell’imene è la prova che il “sacro” non è stato oltrepassato?
Ma non è finita qui, il colosso di questa dura purezza potrebbe avere i piedi di argilla.
Milano, 22 gennaio 2008