JE T’AIME MOI NON PLUS

Storia di film e canzone (Gainsbourg, Birkin, Bardot), e il testo di questa, sono facilmente reperibili su Google.

Si sa che la censura italiana è molto intervenuta, ma abbiamo qui un esempio del fatto che la censura non è tanto intelligente:
le è sfuggito quel “moi non plus” che è invece il nocciolo intelligente della canzone.

In francese significa “neanch’io”, così che la frase completa è composta di due articoli:
“ti amo”
“neanch’io”
(sviluppata pedantemente la frase sarebbe, pronunciata da ognuno dei due:
“Tu dici che mi ami ma menti: neanch’io”).

Ossia, il cuore o hard core (il core non il “core” nazional-napoletano) non è la sodomia e l’omosessualità del film, bensì il rinnegamento o sconfessione (Verleugnung in Freud) che il secondo articolo fa del primo, e con la forma apparente di una frase sola.

La Logica non si intende né ha a tutt’oggi intenzione di occuparsi di tale specie di frasi.

Ma non sto soltanto denunciando un caso di perversione – sempre discorsiva prima che applicata ai vari casi dell’esperienza -, ma riconoscendo il vantaggio di verità, benché vantaggio secondario, di tale frase:
essa è un verdetto universale su tutte le dichiarazioni d’amore (tra amanti, genitori e figli eccetera), ossia confuta l’Oggetto “Amore”, salvo che qualcuno sappia mostrare l’eccezione che dia valore per il pensiero a questa parola tolta dall’asservimento all’Oggetto.

La vocazione dell’eccezione è quella di diventare universale.

Lusso per tutti?

Milano, 8 gennaio 2008

 

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