DESIDERIO “DI” UN FIGLIO

Sarebbe bene non desiderarlo affatto:
“di” è genitivo oggettivo, ossia il Figlio come oggetto,
anzi Oggetto come ne parlo da tempo, Ideale che comanderà il destino, sempre infausto in quanto destino, del figlio reale.

Che cosa sia l’Oggetto-figlio lo  ha detto Freud molto tempo fa:
risarcimento, rivendicazione, vendetta, pretesa…

Ricorda l’espressione “sposarsi”,
eccellente per designare la doppia faccia del “narcisismo”:
che tale resta anche quando c’è un marito o una moglie nella realtà esterna, ossia che esiste illusoriamente se non allucinatoriamente:
sono pochi a scoprire di essere (per un altro) un’allucinazione:
l’innamoramento è allucinazione.

Parlo di aborto psichico del figlio:
alludo al primo posto ai bambini autistici, seguiti da molti altri.

Poi c’è il genitivo soggettivo, ossia desiderio “del” figlio come desiderante o pensante:
è il caso del figlio come titolare del proprio pensiero:
come si dice titolare dell’azienda, in cui pensiero e libido coincidono.

Questo pensiero ha come motto “Ubi bene ibi patria”:
che vincola il padre al bene, non il bene al padre,
e al bene come bene-ficio, ossia non a un “Bene” o Oggetto astratto come nella frase “ti voglio Bene”.

Ecco il pensiero del figlio:
che comporta 1° lavoro, senza limite presupposto né alle 2° materie prime, né 3° ai partner possibili,
ossia un pensiero ereditario non tradizionale (non locale bensì universale).

É un pensiero patrio perché neppure la Patria gli funge da limite presupposto,
e neppure la lingua anche se ne conosce una sola,
quella detta, chissà perché “materna”:
solo uno psicotico ha davvero una lingua “materna” e non patria.

Un figlio così è desiderabile da genitori che abbiano il buon senso di non averlo affatto come oggetto di desiderio.

L’aborto psichico precede l’aborto reale.

Milano, 13 dicembre 2007

 

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