Sabato domenica 12-13 maggio 2007
in anno 151 post Freud natum
Lettura di:
S. Freud
Poscritto alla “Questione dell’analisi laica” (male tradotta “dei non medici”)
OSF 10
Di questo drammatico e politico testo che consiglio di leggere per intero, una frase parecchi anni fa (1977, “La tolleranza del dolore, Stato Diritto Psicoanalisi”) mi ha guidato, forse aldilà delle sue intenzioni:
“Non sarebbe più economico sorreggere il difetto dall’esterno piuttosto che riformare dall’interno? Non so dirlo, ma…” [sottolineature mie].
Nel mio lungo lavoro l’“esterno” è diventato il Pensiero di natura come pensiero a pieno titolo nella Storia del pensiero, ricapitolativo della psicoanalisi come trattamento individuale o l’“interno” freudiano:
io li ho portati sullo stesso piano (niente sfera o contenitore/contenuto) e alla medesima dimensione (niente grande/piccolo né collettivo/individuale, il Diritto non è il Collettivo).
Nell’antichità è stata introdotta la “corrispondenza” occultista Microcosmo-Macrocosmo:
ma questa corrispondenza brutale (non di “amorosi sensi”) esiste solo nella patologia, ossia quando il mondo è uno schifo:
in cui il “piccolo” si rifà, vandalicamente ma sinergicamente, sul “grande”:
micro- e macro-cosmo sono complici anche nel terrorismo.
Osservo ciò che tutti sanno, ossia che il terrorismo obbedisce a Ideali (sono gli Ideali che sono terroristici?: io penso di sì):
come si vede la Filosofia anche speculativa è sempre molto pratica.
Il Pensiero di natura libera la psicoanalisi, già avversa all’occultismo (“profondo”), da residue tentazioni.
Sto parlando – da decenni – della prima iniquità della Storia:
quella che nel linguaggio giuridico corrente è chiamato pulitamente “persona fisica” distinta dalla “persona giuridica”: ecco lo handicap universale:
poi gli handicappati ricevono i “diritti umani”, ma sempre e solo come handicappati:
riparlerò del diritti umani come piatto di minestra per i poveri.
Si tratta di distinguere Mondo da Universo:
Mondo significa paranoia (“Il mondo che mi circonda”), almeno per le sue dimensioni grande/piccolo:
mentre le dimensioni dell’Universo (non fisico) non sono superiori a quelle della mia scatola cranica.
Lavoro, con Freud, per l’uomo senza lo handicap universale del “micro” (microcefalo: i microcefali sono cattivi).
Il pensiero individuale può essere Istituzione non meno delle massime Istituzioni.
Questo handicap è l’essenza dell’infantilismo: l’idea di una “grandezza” superiore alla mia (per esempio quella delle stupide galassie):
nemmeno la grandezza di “Dio”: se “Dio” è quello che ritengo di sapere e che mi hanno insegnato, non mi domanda di meglio:
allora la pittura barocca ha sbagliato tutto: l’uomo come l’inferiore o l’handicappato di “Dio”, o il suo bambino (ecco il Dio-Mamma-Beatrice).
Noto che la superbia è una conseguenza di questo infantilismo, e che la modestia è conseguenza della sua caduta:
se nulla mi è superiore, a nulla e soprattutto nessuno sono superiore.
Non faccio svalutazione ma fine della sopravvalutazione.
Non concedo nulla a un’astratta idea di universalità, e tantomeno di cosmopolitismo:
si tratta del pensiero quando è economico, giuridico, logico.
A “adulto” preferisco “laico”: titolo di Freud (“La questione dell’analisi laica”, 1926) che va unito al fatto che il bambino è modello insuperabile di laicità, che gli adulti hanno nel meno grave dei casi rimosso, e che nel migliore dei casi potranno riscattare.
Milano, 12-13 maggio 2007