Benché sia raro, può capitare di trovare un gioiello anche nella spazzatura.
Rammento una scena da film fine anni ’50 o inizio ’60, di cui non ricordo il titolo ma solo il protagonista, Laurent Terzieff.
Quattro baldi giovinastri romani, pariolini o da quartieri alti, iniziano la loro notte brava su una lussuosa macchina scoperta lanciata sui viali, dove immancabilmente individuano una bella prostituta, davanti alla quale si fermano:
Terzieff si sporge con la domanda:
– Sei libera?
Risposta:
– Sì!
Replica:
– Viva la libertà!
e la macchina riparte sfrecciando.
Osservo che nella battuta sparisce la prostituta (non dico la donna).
Qui lo sceneggiatore ha visto giusto, e io mostrerei questa scena anche nell’educazione sessuale delle scuole e nell’istruzione morale delle parrocchie:
ecco perché, a conferma di una mia lieta previsione precedente, non mi faranno Papa, e neppure Ministro della Pubblica Istruzione:
la mia laicità quasi non ha corso, a fronte dell’equi-clericalismo di clericalismo e laicismo.
Resto con l’agostiniano “Ama [condizione] et fac quod vis [libera conseguenza] ”.
Ma la parola “amore” continua a rimanere quella di una lingua sconosciuta, salvo che sia una parola da derubricare da ogni lingua:
essa rimane sostenuta solo dal fanatismo dell’innamoramento (o del sadismo mascherato di sacrificio).
Posta la condizione, nella libera conseguenza mantengo che:
nulla la causa e nulla la proibisce:
richiamo il mio paragone con lo champagne: pochissimi lo apprezzano, bugie a parte.
Ma continuiamo in ogni tempo, con un fanatismo (associato al precedente) che batte tutti gli altri, a credere che la causi un istinto e che la proibisca una legge morale:
accompagnata dalla solita educazione, laica o religiosa, che tappa le falle degli opposti fanatismi (istinto e morale).
Il fanatismo religioso è semplicemente al rimorchio del fanatismo istintuale e “amoroso”, non ha autonomia.
Lacan è stato l’unico a capire che in ambedue i casi si tratta del “Superio”, imperativo “osceno e feroce”, l’unico che “sforza a godere”:
Kant è con Sade.
Non deve sfuggire il tocco di ricchezza del film:
solo il ricco può liberamente pensare quella battuta:
l’istinto è la Teoria dei poveri, al di sotto di panem et circenses.
Si sa, i ricchi non entreranno nel Regno dei cieli, ma neppure i poveri pauperisti:
ma soprattutto, nel più profondo degli Inferni finiranno i Clericali in quanto i Teorici dell’istinto, della Teoria che fa i poveri.
Milano, 25 maggio 2007