L’AMORE DEL MULINO

L’amore lo è del pensiero di un altro.

non è una definizione oscura né mistica: il pensiero di un altro è un mulino, che fa la farina.

Inutile sottomettere il pensiero di un altro a test validanti: valore è la farina (valore d’uso?, di scambio?, ?).

Ozioso discettare sull’“essere” del mulino: se farina, allora è un mulino.

Idem per la natura: si parte dal frutto, o dalla materia prima risultante dal lavoro:
la natura non è… ancora (Parmenide non è dei nostri):
le galassie non sono, se non un pugno di polvere moltiplicato per la banalità di un numero spropositatamente alto.

Il primo lavoro è di pensiero:
la vinificazione inizia dal pensare che da quegli acini si potrà passare non solo alla consumazione ortofrutticola ma alla produzione trascendente la natura.

L’amore è una norma fatta di tre norme solidali:
1. portare acqua al mulino,
2. non distogliere acqua dal mulino,
3. non distruggere il mulino.

Senza questa triplice norma, la parola “amore” è solo spazio sprecato nel vocabolario.

Sprecato o peggio, ossia l’Eros greco o innamoramento (con l’eccezione dell’Eros di “Amore e Psiche”):
Eros è contro-natura perché ne distoglie il pensiero.

Ciò detto, non si distinguono amore e amicizia.

Senza l’amicizia del mulino, “dagli amici mi guardi Iddio”:, dal che risulta una definizione inedita di “Dio”:
sussidio contro l’errore sull’amore ossia contro la fonte di tutte le nostre patologie:
se Dio non sa cavarsela con le sideranti perfidie dell’amore, non vale niente in tutta la sua onniscienza e onnipotenza.

Mi adopero affinché esistano Amici del pensiero di natura.

Milano, 22 maggio 2007

 

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