Il lacaniano “Tesoro del significante” significa urna funeraria, anzi peggio, sepolcro imbiancato con vermi dentro:
dunque è un’espressione colta per una realtà miserabile (Freud diceva “armer Teufel”, povero diavolo).
Non si capisce J. Lacan senza coglierne la dimensione di umorismo nero, confinante con la melanconia.
Quel Tesoro è anche il “Tessorro mio!” di Gollum nel “Signore degli anelli”.
É il tesoro delle Teorie, identico nella nostra testa e nella Cultura.
Nessuna delle due è più “grande” dell’altra:
il che, poiché con questo tesoro abbiamo un cervello di gallina, la dice lunga sulla grandezza della Cultura.
L’uomo colto non è figlio della Cultura, né d’altronde della Natura:
Natura e Cultura non fanno figli.
E non fanno ricchezza: quello è il Tesoro dei poveri.
Per esso non c’è pietà né carità possibile:
approfittando ancora di Tolkien, diciamo che il Regno di Mordor – né magico né mistico ma logico a rovescio con produzione di occultismo – si espande, e noi lo abitiamo, poco coltamente.
Milano, 18 aprile 2007