Mi interrogano sul senso di questo Blog quotidiano: in verità non dovrei rispondere, non per superbia ma per ragioni tecniche ossia perché non sono un Prof. ma un produttore (di “pezzi”, sparsi ma con Ordine).
So per esperienza che ogni volta che ho risposto (da “Prof.”) ho sbagliato: ma in questo caso prendo la domanda dal lato del pensiero che essa mi ha occasionato (quanti gli errori commessi dalla posizione magistrale!)
Lavoro quotidianamente alla e con la mia vita psichica come vita giuridica ossia come vita normalmente costituita.
Lo faccio per mezzo di almeno due operazioni (ce ne sono poi almeno due altre):
1. reintegrazione nel testo (Freud usa la parola “interpolazione”) di ciò che è stato censurato (in questa frase è condensato tutto ciò che ne è di “inconscio” e “coscienza”),
2. individuazione dei nessi di imputazione.
In altri termini lavoro come mia normale vita psichica quotidiana all’Ordine giuridico del linguaggio, o all’Enciclopedia del pensiero di natura.
Ciò potrebbero fare – o meglio disporsi a fare – tutti, ma ho già osservato che se molti sono i chiamati pochi però sono quelli che si autorizzano a esservi eletti (la selezione è autoselezione, lo diceva Maria Delia Contri anni fa).
Sento persone che lamentano incessantemente l’insoddisfazione: non è il caso di chi fa questo lavoro come una forma di respirazione (in cui non c’è fatica salvo enfisema psicopatologico), mentre nell’insoddisfazione c’è arresto di questo lavoro (rimuginazione).
Un tale Ordine fa trovare posto a ogni ente perché lo dispone al frutto staccandolo dal narcisismo greco dell’ente: è un Regno senza apartheid (il nostro Mondo recente ha ricominciato con un apartheid non sudafricano, anzitutto tra uomo e donna in forma nuova rispetto a decenni fa).
Ma immagino che se arrivasse ora il Messia non troverebbe un posto dove posare il capo, e che per trovarlo dovrebbe (con iperbole biblica) aprirsi la strada a colpi di spada delle sue schiere celesti.
A proposito di Messia, venuto o venturo, osservo che se anche fosse già venuto cioè se avessimo ragione noi cristiani (sto facendo eco a una battuta di Amos Oz), non se la prenderebbe più di tanto per come sono andate le cose cioè male, direbbe: “Sarà per la prossima volta!” (non per buon cuore ma per logica, bisognerà riparlarne).
Infatti quasi da due millenni anche noi cristiani facciamo come se non fosse mai venuto, mentre gli Ebrei almeno dicono di aspettarlo ancora.
Variante: sono duemila anni che lo rinneghiamo, perché l’oggetto del rinnegamento (perversione) è il pensiero, e come minimo (nevrosi) abbiamo fatto promoveatur ut amoveatur (in paragone Pietro e Giuda sono stati peccatori minori, empirici, capaci di cambiare idea).
Pensiero umano o divino, non fa differenza, perché il pensiero in quanto tale non comporta questa distinzione: nel pensiero “cielo” e “terra” sono la medesima cosa (Freud: “L’uomo non è una costruzione a due piani”).
Rispondo alla domanda di partenza: Hegel aveva la sua idea di preghiera, io la mia:
l’ora è il labora del pensiero (e dato che non lo facciamo da svegli, cioè dormiamo tutto il giorno, perlomeno lo facciamo nel sonno come “sogno” in cui vegliamo), dunque in questo Blog prego-lavoro – senza religione – a preparare la terra, per quel tanto che ne ho facoltà, e anche per il Messia, almeno per non obbligarlo a passarci tutti a fil di spada.
Per finire con un collegamento non esplicito: l’oscurissima, mistificatissima, incredibilissima parola “amore” se mai acquistasse significato e senso, sarebbe per virtù logica del pensiero.
Milano, 1 marzo 2007