Si dice “lavorare nel sociale”.
Una persona che ricevo mi ha riferito un suo lapsus di lettura:
di fronte a un contenitore della spazzatura recante la scritta “Scatole”, aveva letto “Sociale” (nel suo lavoro ha a che fare con quel bravo “Sociale”).
Si è ben guardata dal biasimarsi per il lapsus, al contrario lo ha condiviso, e io con lei.
Come vorrei che questo lapsus, e giudizio, fosse generale!, e ciò perché il pensiero che lo produce è universale (discuteremo un’altra volta di universale e generale).
Ciò che ammetto è soltanto che un piatto di minestra (ben cucinato) e un tetto (decente) non si rifiuta a nessuno (siamo lontani da un simile Welfare), ma non la frivola oppure malvagia illusione che il piatto e il tetto, magari conditi con psicologica gentilezza da operatori del “Sociale”, mobilitino qualcuno: potrebbero perfino incattivirlo.
Solo la ricchezza mobilita ossia genera salute e il desiderio di essa.
Per mobilitare e mobilitarsi alla salute bisogna porre in vigore il detto “a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”, avis aux amateurs.
E sapendo che senza questo non si può andare aldilà del piatto o del tetto: l’“aldilà” comunque inteso è di ben altra costituzione.
Quelli del “sociale”, pulitamente detti “ospiti”, loro sì che sanno, sanno che è una bugia, che sono degli scarti: scarità non vogliono.
Se sono spazzatura o rifiuti dell’Ordine pubblico, non li si chiami con altro nome: a questa condizione si potrebbe arrivare a farsi una nuova idea dell’Ordine pubblico medesimo, e di chi è incaricato di occuparsene.
Aldilà del piatto o del tetto la ragione dell’occuparsene, se non è già perversa in partenza, rischia di diventarlo alla fine: come tutte le “vocazioni” a curare poveri diavoli perché poveri diavoli (e in generale: a curare i malati perché malati: parlerò poi della Medicina).
I poveri diavoli non amano né apprezzano la miseri-cordia (l’amore è fatto di ben altra pasta: è cosa da ricchi), e finiscono, poveri restando, per specializzarsi come diavoli (consiglio: non date mai le spalle ai vostri presunti “ospiti”, che sanno riconoscere il sadismo della scarità).
Caso particolare: ho visto molti piatti di minestra ai “barboni”, e va bene, ma basta con la credenza nella figura del “Santo bevitore” di Joseph Roth, che è o una sciocchezza o una bugia.
Uno psicoanalista non fa la scarità: la scarta.
Milano, 12 febbraio 2007