Un cenno, il più breve possibile.
Grande resta la confusione sotto il cielo, quanto al “godimento”: c’è una medesima confusione nel concetto e nella realtà, intendo la nostra poca realtà di “fantasma” o Teoria.
Neppure noi psicoanalisti ne siamo fuori, anche dopo l’occupazione lacaniana del campo verbale di questa parola.
In Freud il campo è descrittivamente occupato da tre parole, Lust (piacere), Befriedigung (soddisfazione) e Genuss (anche nel significato giuridico di godimento della cosa; Nutz-niessung significa il concetto giuridico di usufrutto).
Gli “spirituali” di ogni tempo vanno pazzi per la distinzione tra godimento e gioia, in francese jouissance e joie, in spagnolo gozo e goce (sorvolo sull’inglese).
I fanatici della “gioia” distinta dal godimento sono degli angosciati che negano l’angoscia, e hanno inventato per esempio che post coitum anima tristis come legge universale, anziché come patologia individuale.
Non c’è godimento spirituale, “alto”, e godimento corporale, “basso”: anche l’orgasmo è spirituale (lo riconosceva perfino Tommaso d’Aquino), senza contrasto con i fenomeni fisiologici che lo accompagnano.
Torneremo sull’autoerotismo, popolarmente detto “masturbazione” (il monstrum secolare dei confessionali, distinti però tra maschili e femminili): ricordo soltanto che Freud, in un appunto, lo giudicava non soddisfacente (era un giudizio morale, ma di una morale s-postata, cambiata di posto).
Noi italiani potremmo divertirci a scherzare sul goz(z)o fallico delle valli bergamasche – fallico significa cretinismo, ecco perché odiamo Freud -, ma c’è poco da ridere: sullo sfondo c’è l’equazione bipartisan tra godimento e perversione, equazione che presiede alla distinzione tra godimento e gioia.
Milano, 10 gennaio 2007