L’INTELLETTO OMOSESSUALE

Prendo occasione dal gay pride nella Città Santa sabato 11 novembre.

Parlavo dell’omosessualità come forma intellettuale in un Corso di anni fa.

In esso portavo il caso di un seminarista che raccontava candidamente:
“Io sono omosessuale, e lo sono stato praticamente, poi ho deciso di chiudere la partita facendomi prete: vorrà dire che sarò casto come omosessuale, così come gli altri lo sono come eterosessuali”.

Commentai che era questa, anzitutto, l’omosessualità in Seminario o in Chiesa, come altrove.

Un sacerdote presente in sala commentò che mancavo di “comprensione pastorale”, mentre io facevo della logica elementare (non venne più).

L’omosessualità è intellettuale prima del celebre “vizio” rimasto oscuro proprio nel suo venire biasimato.

Non solo, ma tiene molto a presentarsi come tale (lo osservava già Freud).

Bisognerebbe conoscere la forma di un tale intelletto, e non lo considero difficile.

Infatti ha iniziato a renderla conoscibile senza censure proprio Platone nel “Simposio”, e anche a sostenerla politicamente nella “Repubblica”, ossia in piazza proprio come oggi, con forma mutata, nel gay pride: che è Accademia (platonica) in piazza.

L’omosessualità culturale odierna è solo uno dei tanti successi di Platone nella storia, con la mediazione del non volerne sapere di era cristiana.

É impossibile dissociare ellenismo e omosessualità.

Per aiutare, si pensi alla variante spirituale o mistica di tale intellettualismo: in essa lo spirito dell’uomo è un buco colmato nel gaudio da una penetrazione divina ineffabile, e nell’indifferenza tra uomo e donna ossia nell’omosessualità (qui il passaggio alla perversione è rapido, se non preliminare).

Milano, 14  novembre 2006

 

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