L’AMERICOMUNISMO

Freud era un pensatore politico: ma per coglierlo come tale la parola “politica” deve andare incontro a una sovversione: non sovversione dell’ordine bensì affinché ce ne sia uno.
Anche Marx osservava che la civiltà capitalistica è disordinata, “anarchica”.

Freud non guardava in faccia nessuno.
Lo sappiamo anche dalla tecnica, esente da faccia-a-faccia o da a-tu-per-tu, o anche da occhi-negli-occhi che sono mal-occhio.
Infatti egli è stato in tutta la storia l’unico critico dell’innamoramento mentito come amore, definendolo una massa a due in cui, come in tutte le psicologie di massa, si perde la testa, ossia diventa proibito pensare.

Allo stesso modo ha individuato un punto di identità degli opposti: 1° comunismo e 2° americanismo.

1° Lui critico della civiltà in nome della civiltà, non si esprime affatto con sfavore sulla dottrina di Marx, né difende proprietà privata e capitalismo.
Ma sull’esperimento comunista formula giudizi severi (Introduzione alla psicoanalisi, lez. 35, 1932, e passim) che tarderanno decenni a essere generalmente condivisi.
Le iniquità che vi individua – tra le quali la “proibizione di pensare” – sono da lui viste conseguire alla fretta di “cambiare, nel corso di poche generazioni, la natura umana”.
Ma la proibizione di pensare resta uguale su tutti i fronti, politici, ideologici, geografici, educativi.

2° É identica la sua caratterizzazione di ciò che chiamo “americanismo”.
Freud lo prende dal lato modestamente esemplare della volontà di “accorciare la durata delle analisi”, di “sbarazzarsi il più in fretta possibile” delle nevrosi (oggi si è arrivati a sbarazzarsene semplicemente negandone l’esistenza, DSM).
É considerato l’esempio di Otto Rank, già seguace di Freud, che aveva elaborato la bizzarra teoria del “trauma della nascita” (1924) come quel trauma semplice e assoluto da cui discenderebbero tutti i mali nevrotici.
Con il beneficio, secondo lui, che mirando il trattamento su questo unico punto la cura si ridurrebbe a pochi mesi.
Cose da task force o elicottero Apache.
Il commento di Freud è che l’idea di O. Rank era “figlia del suo tempo”, del paragone tra la miseria postbellica mitteleuropea e la “prosperity” americana (Lo zio d’America, Der Onkel aus Amerika), e per questo “determinata a assimilare il tempo [in italiano nel testo] della terapia analitica alla fretta [Hast] della vita americana” (Analisi terminabile e interminabile, I, 1937).

Corrispondenza in 1° e 2° di (non-)amorosi sensi.

Questa fretta – politica, economica, psicologica, terapeutica – è lo spirito stesso del Blitzkrieg (poi anche in Vietnam, poi in Irak), cui seguono guerre interminabili non solo nella durata ma più ancora nelle conseguenze.
La Prima guerra mondiale, dalle cui conseguenze dipendiamo tutti in tutto il mondo ancora oggi, all’inizio sembrava su ogni fronte una cosa rapida nonché gloriosa (la “gloria militar” di Mozart-Da Ponte).

A proposito di “cambiare la natura umana”, osservo che neppure la cosiddetta “religione dell’amore”, il cristianesimo, in duemila anni è riuscita a correggere l’equivoco tra innamoramento e amore, anzi nemmeno a individuarlo.
Secondo le mie osservazioni si è perfino rinforzato, e sento digrignare i denti quando invito a correggerlo o almeno a individuarlo.

Se un’analisi riuscisse a correggere questo punto, ciò significherebbe un’accelerazione temporale impensata di cui la fretta americomunista è semplicemente la negazione.
Dopotutto la fretta è reazionaria, e nemica del tempo, del lavoro di pensiero, dell’amore..

Ho qui redatto un quasi-Manifesto, le linee di un lavoro di breve, medio, lungo periodo, che poco meno che nessuno fa.

17 ottobre 2006

 

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